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Lorenzo Bini Smaghi (membro del Comitato esecutivo della Bce): «Non torniamo a mercati bancari nazionali»

di Beda Romano

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9 ottobre 2008

La politica monetaria si è fatta globale. Per la prima volta nella storia autorità monetarie in giro per il mondo hanno deciso ieri di allentare il credito in modo coordinato. Lorenzo Bini Smaghi, 51 anni, membro del comitato esecutivo della Banca centrale europea, spiega al Sole-24 Ore le ragioni e gli obiettivi di questa decisione.

Dopo mesi di pressioni e incertezze, la Bce ha ridotto il costo del denaro. Cosa vi ha convinti?
Nelle ultime due settimane è emerso chiaramente che le pressioni inflazionistiche si stavano allentando e che le aspettative sui prezzi stavano tornando nel medio termine sotto al 2% annuo. Poi la situazione finanziaria è peggiorata: il mercato monetario si è prosciugato ulteriormente negli ultimi giorni, con un nuovo aumento dei tassi di mercato a tre mesi. Si è aperto quindi lo spazio per un allentamento del credito, coerente con la nostra strategia di lotta all'inflazione.

Mai finora le banche centrali si erano mosse in modo così coordinato.
È vero. Il nostro obiettivo è anche quello di ristabilire la fiducia, mostrare che in un momento di crisi globale del sistema finanziario il mondo delle banche centrali è unito, efficiente, rapido.

Il messaggio è rivolto anche a un'Europa politica sempre divisa?
Non possiamo permetterci di offrire soluzioni nazionali a problemi globali, né a livello mondiale, né tanto meno a livello europeo. In un certo senso, il messaggio delle banche centrali è anche di indurre i governi nazionali a prendere decisioni coerenti e coordinate.

Come giudica le diverse soluzioni adottate finora per aiutare il sistema finanziario?
In Europa sono emerse finora soluzioni diverse da Paese a Paese, con un obiettivo comune però: evitare che le banche falliscano. C'è tuttavia il rischio di assistere a una rincorsa tra Paesi, tra chi riesce a offrire di più al proprio settore bancario, creando distorsioni nel mercato unico. C'è anche il pericolo di assistere a una rinazionalizzazione dei mercati bancari nazionali che potrebbe mettere a repentaglio l'integrazione finanziaria.

La Bce è però favorevole all'ingresso dello Stato nel settore creditizio?
In questo momento è importante intervenire con la mano pubblica per dare stabilità al mercato bancario, rassicurare gli investitori e i risparmiatori. Ma attenzione: non si deve per questo ridurre il perimetro operativo dei singoli istituti di credito o addirittura smembrare le grandi banche per rinazionalizzarne le varie componenti, vedi il caso Fortis.

Oggi avete anche deciso di ridurre il corridoio tra i tassi d'interesse ufficiali e di effettuare fino a quando sarà necessario operazioni di rifinanziamento al tasso fisso del 3,75% anziché al tasso variabile, con quantità illimitata di denaro. Perché?
Il nostro obiettivo è di spiegare alle banche che possono rifinanziarsi con noi a un tasso certo e per un ammontare illimitato, purché abbiano il collaterale, per i prossimi mesi. Questo dovrebbe contribuire a far ripartire il mercato monetario. Ormai, con le garanzie pubbliche offerte da molti governi e il nostro appoggio sul fronte della liquidità, le istituzioni finanziarie sono nelle condizioni e, direi, hanno la responsabilità di riprendere a scambiarsi denaro facendo ripartire il mercato e quindi riducendo i tassi d'interesse nelle scadenze più lunghe.

In effetti, tassi d'interesse di mercato più bassi sono urgenti. L'Euribor a tre mesi, a cui sono collegati molti mutui, è ormai ai massimi degli ultimi 10 anni.
La questione è seria. Non è giusto che le famiglie paghino sui loro mutui il mancato funzionamento del mercato interbancario e la sfiducia tra banche, che è alla base del rialzo dell'Euribor. È necessario, per via legislativa o attraverso accordi privati, legare il tasso sui mutui al tasso di riferimento della Bce, piuttosto che all'Euribor.

Torniamo alla situazione economica: l'Europa è in recessione?
Il calo delle Borse, la sfiducia tra le banche, il timore di nuovi fallimenti creditizi hanno certamente avuto un impatto negativo sulla fiducia e quindi sull'economia reale. Il secondo trimestre è stato negativo; e anche il terzo trimestre potrebbe esserlo. C'è il rischio di avere una crescita più o meno piatta per alcuni trimestri. Molto dipenderà dall'impatto positivo che verrà dalla diminuzione dei tassi d'interesse, da un euro più competitivo e soprattutto dal forte calo del prezzo delle materie prime che dovrebbe migliorare il potere d'acquisto delle famiglie. La nostra previsione di una crescita dell'1,2% nel 2009 sarà rivista al ribasso. In questo contesto, l'inflazione potrebbe scendere più rapidamente verso il 2% entro fine 2009. Perciò bisogna evitare effetti di avvitamento prezzi-salari, proprio ora che l'inflazione scende.

A proposito di inflazione, attualmente al 3,6%, il mercato scommette su nuovi ribassi del costo del denaro e vede uno scenario giapponese di depressione.
Adatteremo la nostra politica monetaria sulla base degli sviluppi economici. Non mi sembra che siamo nelle stesse condizioni della depressione giapponese. Bisogna evitare scenari catastrofici che potrebbero dar luogo a politiche sbagliate e reazioni eccessive, come quelle che spinsero gli Stati Uniti nel 2002-2003 a una politica monetaria che è all'origine della bolla di cui oggi paghiamo le conseguenze.

beda.romano@ilsole24ore.com

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